Nella mitologia sumerica, l'eroe va alla ricerca del segreto dell'immortalità e viene informato che potrà procurarsi la pianta dell'eterna giovinezza in fondo al mare. "Ha le spine come il rovo, come la rosa; ferirà le tue mani, ma, se riuscirai a prenderla, allora nelle tue mani ci sarà ciò che ridà all'uomo la giovinezza perduta" Gilgamesh trovò la pianta ma, nel viaggio di ritorno, si immerse in una pozza d'acqua nel cui fondo c'era un serpente che, sentendo la dolcezza del fiore, uscì dall'acqua, lo afferrò e subito ringiovani, spogliandosi della pelle e lasciando Gilgamesh triste e desolato.
Fin qui il testo di Ninive, che risale al 700 a.C. Una recente scoperta archeologica di un nuovo testo sumerico che risale al 1900 a.C., avvenuta due anni fa a Me-Turan, che sorge dove confluiscono i fiumi Djala e Tigri, ha portato ad un aggiornamento della storia. Gilgamesh, grazie ad un sogno, capisce che non potrà conquistare l'immortalità e comprende che il suo sogno dovrà finire: un destino difficile da accettare per chi, come lui, era per due terzi divino e solo per un terzo umano. Fa deviare allora le acque dell'Eufrate "fino a quando il letto del fiume è capace di vedere i raggi del sole".
Costruisce sul greto un grande mausoleo ed in esso si chiude con le mogli, le concubine, i dignitari e la servitù ed ordina infine che il fiume torni nel suo letto.
Un racconto questo che sembra avere importanti riscontri nella realtà storica del popolo sumero. Una sepoltura collettiva (82 corpi) venne scoperta ad Ur nel 1933 da Leonard Woolley ed una seconda, contenente 60 persone, risalente al 2600 a.C. fu scoperta a Kish.