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Nell'antica Roma

03/02/2025 17:44

Luigi Fracassi

LA VECCHIAIA NELLA STORIA E NEL MITO, cicerone, anziani, senatori,

Nell'antica Roma

la figura del vecchio saggio e moderato si pone come custode della tradizione e della sacralità dello stato

Nell'antica Roma dei primordi, come riferisce Varrone, i vecchi poveri ed inutili erano invitati (o costretti) a gettarsi nel Tevere.
Delle epoche successive ci rimangono testimonianze riguardanti vecchi ricchi e potenti. La "res pubblica" romana era gestita da una oligarchia conservatrice, i cui senatori, ricchi proprietari terrieri, erano anziani. Nelle famiglie il pater aveva potere assoluto.
Vivo era il culto degli antenati, le cui maschere di cera venivano conservate religiosamente in un armadietto della casa.
I giovani mal tolleravano questa situazione familiare di dipendenza, ma dovevano mordere il freno, a causa di leggi molto severe, che punivano chi avesse maltrattato i vecchi genitori. Ciò spiega il successo di quelle commedie plautine, in cui il vecchio viene sbeffeggiato e deriso, unico modo, probabilmente, per esplicitare il malcontento dei giovani, repressi dalla autorità e dalla avarizia paterna.

A partire dall'età dei Gracchi, tuttavia, i privilegi dei vecchi senatori diminuiscono per poi cessare con l'avvento dell'impero.
Anche il potere del pater familias vacilla.
In questo contesto va inserito il "De senectute" di Cicerone, una sorta di difesa d'ufficio della categoria, in cui la figura del vecchio saggio e moderato si pone come custode della tradizione e della sacralità dello stato, che può essere invece minacciato dalla irruenza giovanile.
Tale apologia della vecchiaia aristocratica, si colloca in un ambito fortemente ideologizzato ed è strumentale alla difesa della classe senatoriale conservatrice.